Pensioni anticipate in picchiata: l’uscita dal lavoro è sempre più lontana

Pensioni anticipate in calo: la stretta normativa fa effetto

Le pensioni anticipate continuano a scendere in modo significativo. Secondo il più recente monitoraggio INPS, nel primo trimestre del 2025 ne sono state liquidate 54.094, pari a un calo del 23,09% rispetto allo stesso periodo del 2024. Una tendenza in discesa che riflette l’effetto delle restrizioni imposte negli ultimi anni, con l’obiettivo di riportare l’età pensionabile più vicina a quella di vecchiaia, ovvero 67 anni.

Il calo si registra sia nel settore privato, con un -19,43%, che nel pubblico impiego, dove la flessione è ancora più marcata, arrivando al -33,85%. Questi dati confermano che le misure adottate per limitare le uscite anticipate stanno ottenendo l’effetto desiderato, ma non senza conseguenze sul fronte sociale.

Uomini e donne: il divario pensionistico si allarga

Mentre il numero delle pensioni anticipate cala, aumenta una disparità che desta sempre maggiore preoccupazione: quella tra gli assegni percepiti da uomini e donne. In media, un pensionato riceve 1.486 euro al mese, contro i 1.011 euro di una pensionata. Il gap del 32% rappresenta un netto peggioramento rispetto al 29,1% del 2024.

Questo squilibrio riflette ancora una volta le disuguaglianze di genere che caratterizzano il mercato del lavoro italiano: carriere più discontinueretribuzioni inferiori e tempi parziali penalizzano le lavoratrici, che arrivano alla pensione con contributi più leggeri e assegni più bassi.

Prospettive future e riflessioni sociali

La diminuzione delle pensioni anticipate è un segnale chiaro della direzione presa dal legislatore: contenere la spesa previdenziale e mantenere in equilibrio i conti pubblici. Tuttavia, questo approccio rischia di trascurare le esigenze dei lavoratori più anziani, spesso impiegati in mansioni usuranti o in condizioni di salute precarie.

Parallelamente, il divario tra pensioni maschili e femminili pone interrogativi sulla sostenibilità di un sistema che continua a perpetuare ingiustizie strutturali. Se non si interverrà sulle cause profonde di queste diseguaglianze, ogni riforma del sistema rischia di consolidare disparità ormai storiche.

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