
A cura della Strategy Unit di Pictet Asset Management
• Mentre l’economia statunitense ha continuato a sorprendere in positivo nei mesi estivi, è probabile che la diminuzione dei risparmi in eccesso delle famiglie rallenti i consumi. Gli indicatori anticipatori suggeriscono che anche la spesa in conto capitale per il settore privato sta per indebolirsi. E nonostante la fase di disinflazione che viviamo , i rischi inflazionistici sono tendenzialmente in aumento. Ricordiamo che le aziende sono state in grado, nei mesi scorsi, di trasferire il rialzo dei prezzi ai consumatori senza intaccare la domanda.
• La crescita europea rallenta e sia il settore dei servizi che il comparto manifatturiero sono in difficoltà a causa degli aumenti dei tassi, che ostacolano la crescita del credito. Ci aspettiamo che la Fed terminerà presto il ciclo di rialzi. Riteniamo che, entro la fine dell’anno, i rendimenti dei Treasury a 10 anni possano scendere almeno al 3,5%: ciò rende gli attuali rendimenti interessanti per un investimento difensivo.
• Abbiamo abbassato dal 5,8% al 5,4% le nostre previsioni di crescita per la Cina per l’anno in corso. La debolezza dei dati di luglio suggerisce che, dopo un primo semestre solido, la crescita ha subito un rallentamento. E una ripresa significativa a breve non è nemmeno probabile.
I segnali contrastanti registrati dal mercato hanno lasciato obbligazioni e azioni senza una chiara direzione. A gravare sul quadro complessivo sono sopraggiunte le difficoltà dell’economia cinese: i dati recenti mostrano infatti una contrazione dei consumi interni a causa della debolezza del settore immobiliare, mentre le autorità non sono riuscite a offrire stimoli sufficienti a sostenere la crescita. Allo stesso tempo, la resilienza dell’economia statunitense sembra aver portato a una riformulazione delle previsioni su un possibile, futuro, allentamento della politica monetaria da parte della Federal Reserve, facendo salire i tassi d’interesse reali, cosa che a sua volta ha pesato sulle azioni. L’opinione degli investitori è che, vista la sorprendente solidità dei dati, la Fed probabilmente manterrà alti i tassi per un periodo più lungo. A nostro avviso, però, le economie iniziano a risentire dell’irrigidimento della politica monetaria e ci aspettiamo un rallentamento della crescita a livelli anemici.
Specie per questo motivo, continuiamo a sovraponderare le obbligazioni: i rendimenti dei Treasury USA sono superiori alla nostra stima del fair value (3,5%) e i titoli di Stato statunitensi paiono sempre più allettanti.
Manteniamo invece una posizione neutrale sulle azioni. Gli utili societari statunitensi ed europei sono rimasti solidi grazie a una crescita economica sorprendentemente resiliente, ma dubitiamo che ciò possa continuare. È probabile che la crescita degli utili rallenti, soprattutto in Europa, poiché i rialzi di tassi d’interesse e salari più alti erodono i margini di profitto. Nel frattempo, i rendimenti reali più elevati hanno iniziato a esercitare una pressione al ribasso sui multipli. È probabile che le condizioni del mercato del lavoro saranno, nel futuro più prossimo, l’indicatore più attendibile sui mercati azionari, in particolare sui loro rendimenti rispetto alle obbligazioni: si tratta di due aspetti storicamente legati strettamente tra loro (si veda la Fig. 2).
Fig. 1. Griglia mensile dell’asset allocation
Settembre 2023

Fonte: Pictet Asset Management
Nel complesso, i nostri indicatori di ciclo economico sono diventati leggermente negativi.
Mentre l’economia statunitense ha continuato a sorprendere in positivo nei mesi estivi, è probabile che la diminuzione dei risparmi in eccesso delle famiglie rallenti i consumi, che hanno sinora sostenuto la crescita. Gli indicatori anticipatori suggeriscono che anche la spesa in conto capitale per il settore privato sta per indebolirsi. E nonostante la fase di disinflazione che viviamo (calo dell’inflazione primaria CPI a luglio al 3,2%), i rischi inflazionistici sono tendenzialmente in aumento (come in parte mostrato dalla rilevazione di agosto, con l’indice CPI salito al 3,7%). Ricordiamo che le aziende sono state in grado, nei mesi scorsi, di trasferire il rialzo dei prezzi ai consumatori senza intaccare la domanda.
La crescita europea rallenta e sia il settore dei servizi che il comparto manifatturiero sono in difficoltà a causa degli aumenti dei tassi, che ostacolano la crescita del credito. Il Giappone resta l’economia sviluppata più forte. Grazie alla politica monetaria accomodante, prevediamo una crescita superiore al potenziale sia quest’anno che il prossimo. Tuttavia, il settore industriale continua a fronteggiare difficoltà e un rallentamento del commercio globale ne metterebbe in forse le possibilità di un rimbalzo.
Abbiamo abbassato dal 5,8% al 5,4% le nostre previsioni di crescita per la Cina per l’anno in corso. La debolezza dei dati di luglio (in particolare delle vendite al dettaglio) suggerisce che, dopo un primo semestre solido, la crescita ha subito un rallentamento. E una ripresa significativa a breve non è nemmeno probabile. Le famiglie cinesi ora risparmiano, mentre il mercato immobiliare è in difficoltà: le superfici abitabili vengono vendute a prezzi che hanno toccato nuovi minimi ciclici e sono del 50% inferiori alla tendenza a lungo termine. In generale, il quadro dei mercati emergenti è più sano. Le economie in via di sviluppo si stanno dimostrando più resilienti di quelle sviluppate e, dato che le economie emergenti sono in una fase più avanzata del ciclo inflazionistico, dovrebbero essere le prime ad iniziare ad allentare la politica monetaria, sebbene ciò potrebbe essere controbilanciato in parte da un rallentamento degli scambi.
Nel complesso, i nostri indicatori di liquidità restano invariati: il mondo sviluppato è, nel complesso, in fase di stretta monetaria, mentre i mercati emergenti iniziano ad allentare la presa. Manteniamo quindi la nostra posizione neutrale. Negli Stati Uniti, il programma di quantitative tightening della Fed (la riduzione della sua esposizione al mercato dei bond) è stato controbilanciato dal significativo deficit di bilancio del governo. Un controbilanciamento in parte dovuto a fattori tecnici collegati alle modalità di finanziamento del deficit. Tuttavia, questa situazione dovrebbe rivelarsi solo transitoria, aprendo così la strada a un inasprimento delle condizioni di liquidità nei prossimi mesi.
Per il resto, mentre le condizioni monetarie in Europa continuano a inasprirsi, il Giappone rimane accomodante. La Cina si sta gradualmente orientando verso una politica monetaria meno rigida. I policymaker hanno intrapreso una strada relativamente moderata, preferendo “irrigare” il mercato con liquidità fresca piuttosto che “annacquarlo”, nell’intento di evitare il rischio di azzardo morale, ovvero di ritrovarsi a salvare governi locali e aziende edili eccessivamente indebitati. Sussiste però il rischio che queste misure si dimostrino insufficienti e tardive.
Fig. 2 – Posti di lavoro vs azioni
Offerte di lavoro negli Stati Uniti vs performance delle azioni globali rispetto alle obbligazioni

Fonte: Refinitiv, MSCI, JPM, Pictet Asset Management. Dati relativi al periodo dal 01/01/1997 al 30/08/2023.
I nostri parametri di valutazione indicano che le azioni sono l’unica asset class di mercato che risulta costosa.
In tutti i mercati sviluppati prevediamo una crescita degli utili societari ben inferiore alle stime degli analisti; ne consegue che, mentre i multipli azionari sono scesi, le azioni sono scambiate a prezzi superiori al fair value da noi ipotizzato. E con un premio per il rischio azionario negli Stati Uniti pari al 3,2% per la prima volta dal 2001, le azioni risultano più care rispetto alle obbligazioni. Nel frattempo, i rendimenti delle obbligazioni statunitensi hanno raggiunto livelli che non si vedevano dal 2008: ad agosto il rendimento dei titoli a 10 anni si è attestato al 4,35%.
I nostri indicatori tecnici evidenziano una tendenza all’indebolimento per i mercati azionari: il posizionamento netto degli investitori sui future dell’S&P 500 è tra i più rialzisti degli ultimi tempi, limitando così lo spazio per ulteriori rialzi del comparto.
Reddito fisso e valute
La Fed dovrebbe essere presto in grado di porre fine alla sua campagna di stretta monetaria, la più aggressiva degli ultimi quattro decenni. Questo è il quadro che emerge dai nostri indicatori di ciclo economico. La nostra analisi mostra che i tassi d’interesse negli Stati Uniti (attualmente compresi tra il 5,2% e il 5,5%) potrebbero aver raggiunto il picco. A nostro avviso, è un tasso sufficientemente elevato per far scendere l’inflazione sino all’obiettivo del 2% della banca centrale entro i prossimi due anni.
I mercati dei titoli di Stato statunitensi non scontano questo scenario. Anche se i Treasury USA di riferimento sono recentemente scesi dal massimo degli ultimi 16 anni, restano al 4,1%, superiori di 60 punti base a quello che riteniamo essere il fair value. Intanto, i rendimenti obbligazionari statunitensi rettificati per l’inflazione, hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi 14 anni (si veda la Fig. 3). Tutto ciò ci porta a confermare la nostra posizione di sovrappeso sui titoli di Stato statunitensi.
Fig. 3 – Rendimento reale elevato
Rendimento dei titoli di Stato USA a 10 anni rettificato per l’inflazione

Fonte: Refinitiv, dati relativi al periodo dal 30/08/2018 al 30/08/2023
Manteniamo anche la nostra posizione di sovrappeso sul debito in valuta locale al di fuori della Cina.
Brasile e Cile hanno iniziato a tagliare i tassi d’interesse in quanto l’inflazione in questi mercati sta calando più rapidamente di quanto previsto in precedenza; prevediamo che nei prossimi mesi qualcosa di simile possa accadere in altre economie emergenti.
Fondamentalmente, anche il debito in valuta locale dei mercati emergenti fornisce esposizione alle valute emergenti, che secondo la valutazione del fair value sono sottovalutate di circa il 18%.
Continuiamo a sottopesare i titoli di Stato giapponesi. È probabile che, nei prossimi mesi, la Bank of Japan elimini gradualmente le sue misure di stimolo non convenzionali; la banca centrale ha recentemente dichiarato che il suo obiettivo di inflazione al 2% è oggi chiaramente centrale, mentre l’economia continua la sua ripresa post-COVID.
Nell’ambito delle obbligazioni societarie, confermiamo la nostra posizione di sottopeso sul debito high yield. Gli spread rispetto alle obbligazioni high yield statunitensi sono attualmente inferiori ai 400 punti base, un livello che riteniamo eccessivo alla luce delle nostre aspettative di rallentamento della crescita economica negli Stati Uniti.
Prevediamo un aumento del tasso di insolvenza, in quanto gli elevati livelli di indebitamento e il calo dei margini di profitto complicano i bilanci delle aziende. Poco interessanti appaiono anche le obbligazioni investment grade su entrambe le sponde dell’Atlantico.
Negli Stati Uniti, l’extra rendimento offerto rispetto alla liquidità è sceso a minimi pluridecennali di soli 30 punti base, il che significa che gli investitori non ottengono praticamente alcun compenso per l’assunzione di rischi aggiuntivi[1].
Per quanto riguarda i cambi valutari, continuiamo a sovraponderare il franco svizzero. La valuta dovrebbe beneficiare di ulteriori rialzi dei tassi d’interesse da parte della Swiss National Bank e resta una copertura sicura a fronte di qualsiasi deterioramento delle condizioni economiche.
Rimaniamo sovrappesati sull’oro. Un indebolimento del dollaro, banche centrali più accomodanti e un picco dei tassi reali dovrebbero essere di sostegno al metallo prezioso.
Sottopesiamo la sterlina. L’economia britannica è la più minacciata dalla stagflazione rispetto a ogni altra economia sviluppata, malgrado la Bank of England abbia alzato i tassi d’interesse 14 volte dal 2021, sino a toccare il livello più elevato dal 2008.
[1]Indice Bloomberg obbligazioni societarie investment grade statunitensi e tasso di liquidità USA a 3 mesi. Fonte: Refinitiv e Bloomberg, dati al 30/08/2023.