La malattia di Behçet è una rara patologia infiammatoria cronica che colpisce diversi organi e apparati, causando sintomi debilitanti come ulcere orali, dolori articolari e uveite. Una nuova ricerca italiana, guidata dal professor Giuseppe Lopalco dell’Università di Bari e sostenuta dalla Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia (FIRA), ha messo a confronto i trattamenti disponibili per offrire indicazioni utili alla personalizzazione delle cure.
Lo studio, condotto in sette centri tra Italia e Spagna, ha analizzato l’efficacia di due farmaci biologici: gli inibitori del TNF e l’apremilast, già noti per altre malattie reumatologiche come psoriasi e artrite psoriasica. I risultati sono promettenti, evidenziando il ruolo centrale della scelta terapeutica basata sulle caratteristiche individuali del paziente.
Personalizzazione delle cure: risultati dello studio
Con 78 pazienti arruolati, i ricercatori hanno dimostrato che:
- Inibitori del TNF: ideali per casi gravi con manifestazioni sistemiche, come uveite e interessamento vascolare.
- Apremilast: più adatto a forme lievi, consente di ridurre l’uso di corticosteroidi, ma presenta un tasso di interruzione più alto a causa di effetti collaterali gastrointestinali.
“Grazie a questi dati, i medici possono scegliere trattamenti più mirati, migliorando l’efficacia e riducendo gli effetti collaterali”, sottolinea il professor Lopalco. Inoltre, lo studio esplora la possibile efficacia dei JAK-inibitori, già utilizzati per artrite reumatoide, aprendo nuove prospettive per il futuro.
Il contributo di FIRA alla ricerca
La Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia sostiene progetti innovativi e indipendenti per migliorare la gestione delle malattie reumatologiche, che in Italia colpiscono oltre 5 milioni di persone. Attraverso finanziamenti e collaborazioni, FIRA contribuisce al progresso scientifico per offrire soluzioni sempre più efficaci ai pazienti.
Il presidente di FIRA, Carlomaurizio Montecucco, evidenzia come la ricerca abbia trasformato la gestione delle malattie reumatologiche, consentendo ai pazienti di raggiungere una qualità di vita impensabile fino a pochi decenni fa.