Le accuse della Cpi
La Corte penale internazionale (Cpi) ha emesso mandati d’arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo del braccio armato di Hamas, Mohammed Deif. Le accuse includono crimini di guerra e crimini contro l’umanità, tra cui l’uso della fame come arma e attacchi contro civili.
I giudici della Cpi sostengono che vi siano prove sufficienti per ritenere Netanyahu e Gallant responsabili di aver privato i civili di Gaza di risorse essenziali. Allo stesso tempo, Deif è accusato di aver orchestrato atti di violenza contro civili israeliani.
La reazione di Israele
Netanyahu ha definito il mandato d’arresto una decisione “assurda” e “antisemita”, affermando che Israele continuerà a perseguire i suoi obiettivi di guerra senza farsi intimidire. Ha dichiarato che “nessuna decisione esterna impedirà a Israele di difendersi”.
Il governo israeliano accusa la Cpi di essere un organismo politico di parte, sottolineando che le accuse sono infondate.
Il punto di vista di Usa e Italia
Gli Stati Uniti hanno respinto categoricamente la decisione della Cpi, considerandola giuridicamente non valida. Il presidente Biden ha ribadito il sostegno a Israele, criticando la mancanza di equità tra le azioni di Israele e Hamas.
L’Italia ha espresso una posizione critica tramite il ministro della Difesa Guido Crosetto, definendo la sentenza “sbagliata”. Tuttavia, ha affermato che l’Italia rispetterà le normative internazionali se dovesse essere richiesto.
Le implicazioni politiche
La decisione della Cpi potrebbe non avere effetti pratici significativi, poiché né Israele né gli Stati Uniti sono membri della Corte. Tuttavia, ha sollevato un acceso dibattito internazionale, con Hamas che accoglie la decisione come una tappa importante verso la giustizia.