Italia nel 2035: mancano 3 milioni di lavoratori

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Un futuro a ranghi ridotti: meno forza lavoro e più incertezze

Secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre, nel 2035 l’Italia avrà 3 milioni di lavoratori in meno rispetto a oggi. Un dato che fa tremare le fondamenta dell’economia nazionale. Il combinato di invecchiamento della popolazione e calo demografico porterà a una contrazione drastica della forza lavoro in età attiva, con effetti che si faranno sentire in ogni settore produttivo.

Il peso sulle spalle delle imprese e del PIL

A subire le conseguenze più gravi saranno le piccole e medie imprese (PMI), già oggi spina dorsale dell’economia italiana. Con meno lavoratori a disposizione, la produttività rischia di calare, le competenze scarseggiare e il tessuto imprenditoriale di sfilacciarsi. I settori più colpiti? Trasporti e turismo, entrambi ad alta intensità di manodopera e con una forte dipendenza da personale stagionale o operativo.

Parallelamente, si prevede un rallentamento del PIL, che potrebbe compromettere la sostenibilità del debito pubblico e frenare gli investimenti. Il sistema Paese dovrà trovare nuovi equilibri per evitare una deriva strutturale.

Conti pubblici sotto pressione e welfare a rischio

La riduzione della popolazione attiva comporterà un minor gettito fiscale e maggiori costi per pensioni e sanità. Un mix esplosivo che potrebbe mettere in crisi la tenuta dei conti pubblici e del sistema di welfare nazionale. Se il numero di contribuenti cala e quello dei beneficiari cresce, il rischio è un effetto domino con impatti pesanti anche sul lungo periodo.

Quale via d’uscita?

Per evitare la catastrofe, l’Italia dovrà aumentare la partecipazione femminile al lavoro, incentivare l’immigrazione qualificata, investire nella digitalizzazione e formazione continua, e agevolare l’automazione intelligente nei settori produttivi. Senza interventi tempestivi, il Paese si troverà a corto non solo di manodopera, ma anche di futuro.

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