Trasporti lenti, territori isolati e diseguaglianze in crescita: l’Italia che non si muove rischia di restare indietro
Una nazione bloccata da disuguaglianze geografiche
Mariagrazia Lupo Albore, Direttore generale di Unimpresa, lancia un grido d’allarme: l’Italia non si muove tutta allo stesso modo. E non si tratta solo di metafore. Mentre nelle città si sperimenta la smart mobility, nelle aree interne, che occupano oltre metà del territorio nazionale, si continua a fare i conti con strade dissestate, autobus fantasma e treni da anni Ottanta. E non è solo un problema di trasporto: è un problema di giustizia sociale e di sviluppo.
Mobilità e diritti fondamentali: un legame spezzato
Quando la mobilità si inceppa, non si bloccano solo i viaggi. Si fermano le economie locali, si chiudono scuole e presidi sanitari, i giovani emigrano e le imprese non trovano manodopera. Ogni chilometro che separa un borgo dai grandi snodi di comunicazione è una tassa sulla competitività delle piccole e medie imprese. Ma le politiche infrastrutturali continuano a privilegiare le tratte più redditizie, ignorando le aree che avrebbero più bisogno di connessioni.
Serve un cambio di paradigma: coesione prima del profitto
Non basta parlare di “grandi opere”. Serve una strategia di coesione territoriale: rilanciare le ferrovie secondarie, potenziare i servizi intermodali, garantire collegamenti minimi anche nei piccoli centri. È fondamentale introdurre soluzioni innovative come il trasporto a chiamata, la mobilità elettrica condivisa e la logistica di prossimità. Perché oggi spostarsi è sinonimo di inclusione.
Il trasporto è cultura: dove si viaggia si cresce
La mobilità non è solo logistica, ma anche cultura e relazioni. Dove i mezzi pubblici funzionano, le persone si incontrano, collaborano, si formano. Si genera capitale sociale. Dove invece i trasporti mancano, crescono isolamento, disuguaglianza e sfiducia nello Stato. Senza mobilità, la transizione ecologica rischia di diventare un’altra forma di esclusione per chi non ha alternative all’auto privata.
Ricucire le distanze, ripartire tutti insieme
La mobilità è il sistema circolatorio del Paese. Dove non arriva, il tessuto si isola, si indebolisce, si ammala. Offrire trasporti efficienti anche nelle aree fragili significa garantire parità di opportunità, ridurre lo spopolamento e permettere a chiunque – ovunque si trovi – di partecipare allo sviluppo nazionale. L’Italia riparte solo se si muove tutta intera.
Domande e risposte
1. Perché la mobilità è considerata una questione di giustizia territoriale?
Perché influisce direttamente sull’accesso ai servizi, al lavoro e alla qualità della vita dei cittadini.
2. Quali territori soffrono maggiormente la mancanza di infrastrutture?
Le aree interne, rurali e montane, che coprono oltre il 50% dell’Italia.
3. Qual è il legame tra mobilità e crescita economica?
Senza collegamenti adeguati, le imprese non riescono a svilupparsi e ad attrarre risorse.
4. Come impatta la mobilità sui giovani?
Spesso li costringe ad abbandonare i territori d’origine per studiare o lavorare.
5. Che ruolo ha la mobilità nella transizione ecologica?
È fondamentale: non si può rinunciare all’auto senza alternative pubbliche sostenibili.
6. Cosa significa logistica sostenibile di prossimità?
Un sistema che ottimizza i trasporti locali riducendo impatto ambientale e costi.
7. Cosa sono i servizi minimi garantiti?
Trasporti essenziali che devono essere assicurati anche in zone poco servite.
8. Le PMI come sono penalizzate?
Pagano più in termini di logistica, tempi di consegna e attrattività del personale.
9. Cosa si intende per trasporto a chiamata?
Un servizio su prenotazione che raggiunge zone dove il trasporto pubblico non arriva.
10. Perché la mobilità è anche una questione culturale?
Perché facilita relazioni, inclusione sociale e partecipazione civica.
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