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Ipercolesterolemia familiare omozigote: arriva in Italia un farmaco con indicazione specifica

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Roma, 14 luglio 2015 – Strane macchie sulla pelle, depositi di grasso cutaneo su gomiti, ginocchia e tendini, chiamati xantomi, possono essere i segni, anche se non sempre presenti, di una rarissima e severa patologia, l’Ipercolesterolemia Familiare Omozigote (HoFH). Si tratta di una rara e grave malattia, causata da un difetto genetico – ereditato da entrambi i genitori – che altera la funzione del recettore responsabile della rimozione del ‘colesterolo cattivo’ (LDL-C o lipoproteine a bassa densità) dal sangue.

[easy_ad_inject_1]Chi è affetto da questa malattia spesso sviluppa una precoce e progressiva aterosclerosi, cioè il restringimento o il blocco delle arterie. Fino ad oggi per questi pazienti le uniche possibilità di tenere i valori di LDL-C sotto controllo erano rappresentate da una dieta ferrea, dall’uso di farmaci ipolipemizzanti, come le statine, e per la maggior parte di loro, dall’appuntamento frequente con l’aferesi delle lipoproteine, un procedimento di rimozione meccanica del colesterolo dal sangue da effettuarsi in day-hospital, una volta ogni 1 o 2 settimane. Trattamenti che, anche se efficaci, nei pazienti HoFH non sono in genere in grado di ridurre i livelli di colesterolo LDL fino al raggiungimento degli obiettivi raccomandati dalla European Atherosclerosis Society (EAS).

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Ora però per i pazienti adulti HoFH è arrivata un’importante novità: un farmaco specifico per la loro patologia. Lomitapide (nome commerciale Lojuxta®), ha infatti ricevuto l’autorizzazione ufficiale per la commercializzazione in Italia con la pubblicazione delle decisioni dell’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, sulla Gazzetta Ufficiale (G.U. del 11/6/2015). Questa autorizzazione segue l’AIC (Autorizzazione all’Immissione in Commercio) data dall’Agenzia europea per i medicinali nel luglio 2013, come terapia aggiuntiva a farmaci che abbassano, con o senza aferesi, i livelli di colesterolo LDL in pazienti adulti con Ipercolesterolemia Familiare Omozigote. Il farmaco è stato sviluppato dalla società biofarmaceutica statunitense Aegerion Pharmaceuticals dedicata allo sviluppo e commercializzazione di terapie innovative per i pazienti con malattie debilitanti rare.

“La letteratura ha storicamente riportato una prevalenza pari a 1: 1.000.000 per gli omozigoti. Ora però studi più recenti suggeriscono un tasso di prevalenza più alto. Ad esempio nel 2014 l’EAS Consensus Panel sull’Ipercolesterolemia Familiare ha pubblicato un articolo che cita una ricerca che porterebbe ad una stima di prevalenza di HoFH nella gamma tra 1:160.000 e 1:300.000 – spiega il Prof. Marcello Arca, Responsabile del Centro di Riferimento Regionale per la Diagnosi e Terapia delle Malattie Rare del Metabolismo Lipidico del Policlinico Umberto I di Roma – A causa di un difetto genetico, ereditato da entrambi i genitori, chi ne è affetto non riesce ad eliminare correttamente il colesterolo LDL dal sangue: questo ‘colesterolo cattivo’, rimane dunque più a lungo in circolo andando a formare depositi che espongono la persona a rischio, anche dalla giovane età, di aterosclerosi precoce e progressiva. Nel nostro Centro abbiamo diversi bambini di 4 o 5 anni con valori che già sono due volte la norma”.

Riguardo alla esatta prevalenza della malattia, dunque, la letteratura medica è in continua evoluzione, ma non ci sono dubbi che la forma omozigote rimanga a tutti gli effetti una malattia molto rara: in Italia non ci sono a tutt’oggi studi che ne determinano l’esatto numero.

“Fino a qualche anno fa questa malattia attirava poca attenzione e la salute dei pazienti era nelle mani di pochi medici volenterosi – spiega Savino Vignaroli, Presidente di A.N.I.F. – Associazione Nazionale Ipercolesterolemia Familiare, con sede a Roma – L’arrivo di questo farmaco con un’indicazione specifica per la nostra malattia è un risultato che ci consente di guardare avanti con maggiore ottimismo. Ci auguriamo che, ora che c’è un trattamento, sempre più medici siano stimolati a conoscere meglio la patologia e a fare una corretta e veloce diagnosi di questa malattia”.

“Nei casi più gravi queste persone possono avere anche livelli di colesterolo superiori a 1.000 milligrammi per decilitro di sangue (1.000 mg/dl) al momento della diagnosi, e con i livelli di LDL-C di questa severità, il rischio di eventi cardiovascolari è estremamente alto – spiega la Prof. Claudia Stefanutti, Responsabile della Unità di Tecniche Terapeutiche Extracorporee – Centro afferente alla rete dei Presidi di Riferimento per le Malattie Rare della Regione Lazio – Laboratorio per lo Studio, Diagnosi e Terapia delle Dislipidemie e Prevenzione della Aterosclerosi – Dipartimento di Medicina Molecolare – “Sapienza” Università di Roma, Coordinator of the Multidisciplinary International Group for Hemapheresis Therapy and MEtabolic DIsturbances Contrast – MIGHTY MEDIC – Per questi pazienti l’aferesi è essenziale, ma è chiaro che comporta dei disagi. Vuol dire perdere una giornata di lavoro o di studio. Ora grazie alla possibile associazione di lomitapide con l’aferesi molti potranno ridurne la frequenza”.

“I pazienti con Ipercolesterolemia Familiare Omozigote hanno recettori LDL non funzionanti, o difettosi in numero fino ad esserne totalmente mancanti. La maggior parte del farmaci ipolipemizzanti, come le statine, agiscono aumentando il numero dei recettori LDL, per questo i farmaci che agiscono con questi meccanismi funzionano poco nei pazienti omozigoti e le forme di trattamento aggiuntivo sono pertanto importanti – spiega il Prof. Maurizio Averna, Responsabile del Centro Regionale Siciliano per le Malattie Rare del Metabolismo con sede all’Università di Palermo – Lomitapide per agire non ha bisogno dei recettori LDL in quanto inibisce le proteine del fegato deputate all’assemblaggio delle lipoproteine”.

“L’Italia è uno tra i primi paesi europei ad aver completato il processo di autorizzazione per lomitapide – commenta il dottor Massimo Bertelli, Aegerion Country Manager per l’Italia – Si tratta di un risultato importante che riflette l’esperienza maturata dai diversi clinici italiani. E’ stata proprio l’Italia, infatti, ad avere un ruolo fondamentale nel programma di sviluppo clinico del farmaco . Dei 29 pazienti che hanno partecipato all’ultima fase di sperimentazione, 6 pazienti, pari a circa il 20%, sono stati arruolati proprio in centri italiani.”

LA PATOLOGIA
Con il termine “Ipercolesterolemia Familiare” si identifica un gruppo di patologie di diversa frequenza e gravità e che derivano dalla presenza di un difetto genetico trasmissibile. L’alterazione che si riscontra più frequentemente è a carico del gene che codifica il recettore delle LDL. Questo recettore si trova sulla superficie della cellula ed ha il compito di “catturare” le particelle di colesterolo LDL, rimuovendole dal sangue. L’alterazione del gene provoca la formazione di recettori per le LDL mal funzionanti, ossia di recettori che non sono in grado di rimuovere il colesterolo LDL dal sangue.

Quando un soggetto eredita da un genitore un gene difettoso e dall’altro un gene correttamente funzionante si ha un caso di Ipercolesterolemia Familiare Eterozigote (HeFH): in questi soggetti, circa la metà dei recettori per le LDL presenti sulla superficie delle cellule, è correttamente funzionante. E’ la forma più comune e la prevalenza recentemente riportata in letteratura è pari a 1:200. Queste persone hanno livelli di colesterolo LDL più alto della media anche in presenza di una corretta alimentazione.

Quando invece il gene alterato viene ereditato da entrambi i genitori si verifica la più rara Ipercolesterolemia Familiare Omozigote (HoFH) che ha una prevalenza storicamente stimata di circa un caso per milione, tuttavia studi recenti indicherebbero una prevalenza tra i 3 e i 6 casi per milione. I soggetti omozigoti sono completamente privi di recettori propriamente funzionanti e il loro livello di colesterolo può essere altissimo, tanto che nei casi più severi si richiede una rimozione meccanica dal sangue tramite aferesi.

Trattandosi di una malattia genetica, possono essere identificati dei cluster in cui l’HoFH si manifesta con maggiore frequenza, a causa di un presunto effetto del fondatore. In particolare, una revisione sistematica della letteratura ha identificato una prevalenza di HoFH pari a 1:30.000 abitanti in alcune popolazioni africane del Sudafrica. In Italia è presente un cluster di Ipercolesterolemia Autosomica Recessiva (ARH) nella regione Sardegna.
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