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Impara a Respirare. Intervista ai Roundeep

Roundeep
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Con il loro nuovo album, Impara a Respirare, i Roundeep ci invitano a riflettere sulla resilienza e sull’importanza di affrontare le difficoltà con consapevolezza. Ogni brano racconta un’emozione profonda, tra rock energico e testi intimi.

Il vostro nuovo album, “Impara a Respirare”, è una raccolta di emozioni e storie. Qual è il messaggio principale che volete trasmettere a chi lo ascolta?

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Il messaggio principale di Impara a Respirare è quello di affrontare le difficoltà della vita con resilienza e consapevolezza. Vogliamo incoraggiare chi ascolta a prendersi il tempo per riflettere, a non avere paura di esprimere le proprie emozioni e a cercare di ‘respirare’ anche nei momenti più difficili. Ogni traccia è un viaggio emotivo che cerca di ricordare a chi ci ascolta che, nonostante le sfide, è sempre possibile trovare un modo per andare avanti e ricominciare. Il respiro, come metafora di vita, è un invito a non mollare mai, a trovare equilibrio e serenità anche nei momenti di incertezza.

La traccia “Impara a Respirare” invita a rallentare e riflettere. Come avete tradotto questo messaggio in musica e testo?

“Impara a Respirare” è un grido dell’anima, nato nel silenzio di chi sa ascoltare il proprio caos interiore. Abbiamo dato un suono a ciò che sentivamo dentro, cercando di tradurre in musica e parole quella sensazione di impotenza e frenesia che spesso accompagna la vita quotidiana. Non nasce da un’esperienza specifica, ma dal vissuto di Davide, il nostro cantante e frontman, che ha espresso il suo pensiero riguardo allo scorrere incessante della vita. Il testo si rivolge a tutti coloro che ogni giorno si svegliano, salgono sulla ruota del criceto e iniziano a correre senza sosta, dimenticando spesso l’importanza di fermarsi a respirare.

Ogni brano dell’album ha un significato unico. Quale pezzo vi ha richiesto più tempo o ha avuto un processo creativo particolarmente impegnativo?

Le canzoni di Impara a Respirare sono nate tutte abbastanza facilmente, perché in realtà erano pensieri ed emozioni che avevamo dentro da molto tempo. Viviamo quasi in simbiosi con la musica, e sentivamo che quei brani erano già scritti dentro di noi, pronti a emergere. Non c’è stata una canzone che ci ha particolarmente messo alla prova, perché ogni traccia è stata una sorta di liberazione di ciò che sentivamo, un’espressione di ciò che avevamo bisogno di dire. Ovviamente, per ogni brano abbiamo riservato del tempo, perché crediamo che ogni pezzo abbia un suo valore unico. Non ci piace lasciare nulla al caso: ogni dettaglio, ogni parola, ogni accordo ha una sua ragione di essere. La sfida, semmai, è stata quella di curare ogni brano nel suo insieme, affinché rispecchiasse appieno il messaggio che volevamo trasmettere, senza forzare nulla.

Ci sono elementi autobiografici nei testi di canzoni come “Le radici del dolore” o “Canzone nuova”?

Si i nostri testi nascono sempre da emozioni autentiche e momenti significativi. “Le radici del dolore” è stata scritta dopo una notte passata a Villa De Vecchi, un luogo carico di storia e mistero. L’energia di quella villa abbandonata, con le sue leggende di fantasmi e tragedie familiari, ci ha ispirati profondamente. È un brano che esplora le ferite che ognuno di noi porta dentro, ma anche la forza che possiamo trovare proprio in quelle cicatrici. Canzone nuova, invece, è nata in un periodo di grandi difficoltà, sentivamo il bisogno di un cambiamento, di una nuova direzione. È diventata non solo l’espressione della nostra voglia di continuare a lottare, ma anche un invito per chiunque l’ascolti a cercare dentro di sé quella stessa forza. Vuole incoraggiare ognuno a prendere in mano la propria vita e trovare il proprio cammino, nonostante le sfide.

Come avete deciso di concludere l’album con due reinterpretazioni natalizie? Quale legame emotivo hanno con il resto del progetto?

Abbiamo deciso di chiudere l’album con due classici natalizi come “regalo” per i nostri fan, sono chicche che portiamo sempre durante i concerti live e volevamo che fossero presenti nell’album.

E’ anche il nostro modo di dire: anche nella tempesta, esiste un momento per credere nella

magia; un sorriso malinconico che ci invita a ricordare che, in fondo, siamo tutti un pò bambini, e che ogni tanto dovremmo far emergere di più questo lato di noi.

Quali sonorità avete esplorato in questo album rispetto ai vostri lavori precedenti? C’è un brano che segna un cambio di direzione stilistica?

Con ‘Impara a respirare’ abbiamo voluto spingerci oltre rispetto ai nostri lavori precedenti, soprattutto perché è un album interamente autoprodotto. Questo ci ha dato la libertà di sperimentare e di esplorare nuove sonorità, restando però fedeli alla nostra identità. Nonostante i temi affrontati siano molto profondi, abbiamo scelto di vestirli con la forza e l’energia del rock. È come un dialogo tra mente, cuore e “pancia”, un contrasto che esprime la complessità della vita. Il nostro rock racconta storie vere, intime, ma lo fa con l’energia di chi non ha paura di farsi ascoltare. È un equilibrio sottile, come sussurrare segreti con la potenza di un amplificatore al massimo.

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