I calcoli di Unimpresa mostrano benefici fino a 1.440 euro, ma non per tutti
La proposta al centro del dibattito politico
L’ipotesi di una riduzione dell’aliquota Irpef dal 35% al 33% con l’estensione dello scaglione intermedio fino a 60.000 euro è al centro della prossima legge di bilancio. Secondo il Centro studi di Unimpresa, la misura avrebbe un costo annuo stimato tra i 3,5 e i 4 miliardi di euro. Una cifra significativa, in un contesto in cui il governo deve conciliare i vincoli del Patto di stabilità europeo con la necessità di sostenere consumi e investimenti.
Quanto si risparmia davvero
Le simulazioni di Unimpresa mostrano che i vantaggi crescono al crescere del reddito:
- Con un reddito lordo annuo di 30.000 euro, il beneficio si limita a 40 euro l’anno.
- A 40.000 euro, il risparmio sale a 240 euro (circa 20 euro al mese).
- A 50.000 euro, il vantaggio diventa di 440 euro annui.
- A 60.000 euro, si raggiunge il massimo beneficio: 1.440 euro annui, pari a circa 120 euro al mese.
Per redditi superiori, come 70.000 euro, lo sconto resta fermo a 1.440 euro, poiché la riduzione si applica solo fino a 60.000 euro.
Una misura che premia i redditi medio-alti
L’analisi di Unimpresa mette in luce un dato chiave: i benefici più consistenti si concentrano sui redditi tra 50.000 e 60.000 euro. Qui la riduzione della pressione fiscale è tangibile, mentre per i redditi più bassi il vantaggio resta marginale.
Il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, sottolinea che la misura “intercetta un disagio reale del ceto medio, da tempo compresso da una pressione fiscale tra le più alte in Europa”. Tuttavia, senza un disegno più ampio di riforma, il rischio è quello di un intervento parziale, incapace di incidere davvero sulla competitività del sistema fiscale italiano.
Effetti economici e redistributivi
Dal punto di vista della redistribuzione, la misura non riduce le disuguaglianze: chi guadagna di più riceve un vantaggio assoluto maggiore. Inoltre, il moltiplicatore fiscale dell’intervento potrebbe rivelarsi modesto, poiché i redditi medio-alti hanno una propensione al risparmio superiore rispetto ai redditi bassi, che invece avrebbero speso subito l’aumento di reddito disponibile.
