Marco Salustri: serve una vera progressività per fermare evasione e distorsioni
La riforma fiscale non basta
La riduzione delle aliquote Irpef approvata con la Legge di Bilancio 2025 viene presentata come un sollievo per i contribuenti. In realtà, secondo Unimpresa, il provvedimento rischia di peggiorare le distorsioni già presenti nel sistema. Il problema non è l’entità delle aliquote, ma la compressone degli scaglioni, che genera un sistema poco equo e con effetti perversi sul comportamento dei contribuenti.
La nuova configurazione dal 2026
Dal 2026 il secondo scaglione Irpef sarà esteso fino a 60.000 euro, con una riduzione dell’aliquota dal 35% al 33%. Una scelta che, secondo l’analisi del consigliere nazionale Marco Salustri, è solo un intervento parziale. La misura non risolve il vero nodo: la mancanza di una progressività autentica che permetta di tassare in modo proporzionato, senza bruschi salti.
Più scaglioni per più giustizia fiscale
Per Unimpresa, l’unica strada è portare gli scaglioni a 6 o 7 livelli, partendo da un’aliquota molto bassa e salendo in modo graduale. Questo permetterebbe di rispettare il principio di progressività sancito dalla Costituzione, rendendo più equo il prelievo e riducendo la pressione psicologica sui contribuenti.
Gli effetti perversi della compressione
Con pochi scaglioni e salti d’imposta eccessivi, molti autonomi e microimprese tendono a fermarsi sotto determinate soglie per non vedersi aumentare la tassazione in maniera sproporzionata. Un comportamento indotto dal sistema stesso, che di fatto favorisce l’evasione e mina la credibilità dell’intero impianto tributario.
La posizione di Unimpresa
Secondo Salustri, senza una revisione profonda del sistema, l’Italia continuerà ad avere una base imponibile fragile e vulnerabile. La vera riforma fiscale deve mirare a premiare chi produce valore e a incentivare l’emersione del reddito, non a spingere i contribuenti verso strategie di difesa o sottrazione.
