Home Salute Fecondazione: 5 cose da sapere sul test genetico preimpianto (PGT)

Fecondazione: 5 cose da sapere sul test genetico preimpianto (PGT)

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E’ la forma più precoce di diagnosi prenatale e consente di scongiurare il rischio di gravissime malattie genetiche. Quando e perché richiederla

Roma, 2 ottobre 2019 – Il Test genetico preimpianto (PGT) è la forma più precoce di diagnosi prenatale. Analizza il contenuto genetico o cromosomico di un embrione ottenuto dalla fecondazione in vitro con l’obiettivo di identificare e scongiurare malattie con alto tasso di gravità. Il test è uno strumento fondamentale per la salute di tanti futuri bambini.

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La diagnosi è consigliata anche alle coppie con problemi di concepimento

Il Test genetico preimpianto (PGT) è d’obbligo per le coppie con una storia pregressa di malattie ereditarie, perchè ad alto rischio. Per loro il concepimento mediante procreazione medicalmente assistita è fortemente raccomandato proprio perchè consente di identificare gli embrioni colpiti di queste malattie. Ma non si effettua solo in questi casi.

È una tecnica consigliata anche alle coppie che incorrono in ostacoli al concepimento che potrebbero rappresentare campanelli d’allarme per la salute del nascituro, come ad esempio:

  • problemi di sterilità dovuti all’età;
  • aborti ricorrenti;
  • gravi alterazioni dello sperma;
  • fallimenti in precedenti trattamenti;
  • problemi di sterilità senza diagnosi.

Lo scopo è aumentare il tasso di successo delle gravidanze

Grazie al Test genetico preimpianto (PGT) è possibile ridurre le interruzioni terapeutiche di gravidanza: “Quando una coppia, intorno al terzo o quarto mese di gravidanza, riceve la diagnosi di una grave malattia, affronta una scelta devastante sia a livello psicologico sia fisico. Seppur in alcuni casi l’interruzione terapeutica sia necessaria, non risulta meno dolorosa. Eseguire un test sull’embrione già dai primi giorni scongiura queste drammatiche casistiche proprio grazie all’immediata individuazione degli embrioni malati prima dell’impianto” dichiara il Dottor Álex García-Faura, direttore scientifico di Institut Marquès. Allo stesso modo si evitano gli aborti spontanei nel caso di embrioni con anomalie che potrebbero non superare l’impianto. Conseguenza diretta è l’aumento del tasso di gravidanze portate a termine con successo perché, appunto, si trasferiscono nell’utero materno solo gli embrioni che non presentano anomalie e, quindi, con maggiori possibilità di sopravvivenza. Se l’embrione impiantato è sano le probabilità che sopravviva crescono a prescindere dall’età della madre.

Le malattie che permette di individuare non sempre sono presenti nella storia familiare diretta

Emofilia A e B, beta-talassemia, distrofia muscolare di Duchenne e Becker, fibrosi cistica, sindrome X fragile, atrofia muscolare spinale, sindrome di Turner e di Down: sono solo alcune tra le più frequenti malattie che si possono prevenire con la diagnosi genetica preimpianto. Si tratta quasi sempre di malattie genetiche o cromosomiche presenti in famiglia e trasmissibili al nascituro con gravi conseguenze. Non tutte le anomalie genetiche, però, possono essere riconducibili alla storia familiare diretta. Ecco perché in alcuni casi, come negli aborti ricorrenti, è opportuno andare a fondo e scoprirne le cause.

E’ possibile effettuare il test dal terzo giorno di vita dell’embrione, grazie a un nuovo studio di Institut Marquès

La biopsia dell’embrione avviene, nella maggior parte dei casi, al quinto giorno di vita, che corrisponde allo stato di blastocisti. In questo stadio, però, l’embrione va necessariamente trasferito nell’utero materno o congelato. Pertanto, quando il PGD viene eseguito nella fase di blastocisti, in attesa dei risultati del test, il congelamento è inevitabile. Uno studio presentato da Institut Marquès alla 24a Conferenza della Federazione francese per lo studio della riproduzione (FFER) ha dimostrato che la diagnosi genetica preimpianto può essere eseguita già dal terzo giorno di evoluzione dell’embrione per poterlo trasferire già dal quinto giorno nell’utero“Grazie a questa scoperta è possibile eseguire il trasferimento a fresco, senza dover congelare gli embrioni – spiega il Dottor Álex García-Faura, direttore scientifico di Institut Marquès – Si aumentano dunque le percentuali di successo. Siamo riusciti a dimostrare che i risultati del test sono validi, indipendentemente dal giorno in cui viene eseguita l’analisi”.

In Italia non era consentita neppure per le coppie ad alto rischio

Il traguardo è stato raggiunto a seguito di una lunga battaglia portata avanti dalle coppie che avevano necessità di effettuare una diagnosi preimpianto. La Corte Costituzionale apportò una modifica alla legge 40 sulla fecondazione assistita, rendendo questa pratica legale anche in Italia. Dal 2015 può essere effettuata anche dalle coppie portatrici di malattie genetiche. Eventualità non riconosciuta fino a quel momento dalla legge.

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