La denuncia di Unimpresa: “Con la manovra 2026 si penalizzano le imprese e si incentiva la delocalizzazione”
Unimpresa: la manovra 2026 rischia un autogol fiscale
La manovra economica 2026 introduce una stretta sulla participation exemption (Pex), l’agevolazione che per oltre vent’anni ha garantito un regime fiscale competitivo sulle plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate.
Secondo Marco Salustri, consigliere nazionale di Unimpresa, questa misura «potrebbe rivelarsi il più grave autogol fiscale dell’ultimo decennio», minando l’attrattività del Paese proprio nel momento in cui servirebbero politiche di incentivo agli investimenti.
Dalla competitività al rischio fuga capitali
Le simulazioni elaborate dal Centro studi di Unimpresa mostrano un effetto moltiplicatore drammatico: su una cessione da 10 milioni di euro, l’imposta potrebbe passare da 120-140 mila euro a oltre 2,5 milioni per chi possiede partecipazioni inferiori al 10%.
Il vantaggio fiscale resterà solo per chi supera tale soglia, colpendo fondi, investitori istituzionali e medie imprese familiari.
Nei principali Paesi europei il quadro resta molto più favorevole:
- in Lussemburgo le plusvalenze sono esenti;
- nei Paesi Bassi l’esenzione è totale a determinate condizioni;
- in Francia e Svizzera l’aliquota effettiva è molto più bassa.
Un contesto che, secondo Salustri, «porterà inevitabilmente a uno spostamento di holding e capitali verso giurisdizioni più vantaggiose, impoverendo il tessuto produttivo italiano».
Investimenti esteri in caduta: Italia fanalino di coda
Nel 2023 l’Italia ha attratto solo 25 miliardi di investimenti diretti esteri, contro i 50 miliardi della Spagna e i 70 miliardi della Francia.
Con la nuova stretta, il rischio è di vedere ulteriormente ridursi l’afflusso di capitali stranieri, aggravando il divario competitivo.
Salustri lancia l’allarme: «Se anche solo una parte delle operazioni di cessione migrasse all’estero, il danno per l’erariosupererebbe di gran lunga i benefici previsti, con perdita di gettito, investimenti e occupazione».
Il paradosso fiscale: meno entrate, meno crescita
Il paradosso è evidente: con il vecchio regime, lo Stato incassava almeno l’1,2–1,4% delle plusvalenze.
Ora, se il 30–40% delle operazioni verrà dirottato oltre confine, il gettito potrebbe azzerarsi, causando un effetto domino:
meno risorse per l’innovazione, meno lavoro qualificato, meno surplus fiscale.
Per Unimpresa, «la manovra dovrebbe favorire la crescita e la competitività, non spingere alla delocalizzazione. Serve un ripensamento immediato per evitare un impoverimento strutturale del nostro sistema economico».
