Criminalità e credito, il legame oscuro: 62mila imprese infiltrate secondo Unimpresa

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Quando la stretta bancaria apre la porta alla criminalità organizzata

Credito sotto assedio: un varco per la criminalità

Quando le banche chiudono i rubinetti del credito, la criminalità organizzata trova spazi per insinuarsi nel tessuto produttivo. È quanto emerge da una nuova analisi del Centro studi di Unimpresa, basata su dati Uif e Banca d’Italia, che mostra una relazione diretta tra restrizione creditizia e rischio di infiltrazione mafiosa.

Tra il 2001 e il 2020, su 2,3 milioni di società analizzate, oltre 61.000 imprese (pari al 2,6% del totale) risultano coinvolte in operazioni sospette o collegate a soggetti indagati per reati di tipo mafioso.
Il dato più allarmante: dopo un downgrade del rating a “substandard”, il credito bancario cala in media del 7% all’anno, superando il −30% in cinque anni. Parallelamente, la probabilità di infiltrazione criminale cresce del 5%rispetto al livello medio.

Un rischio che non conosce confini

Il fenomeno non è confinato al Sud. Le province di MilanoRoma e Napoli guidano la classifica per numero assoluto di imprese coinvolte, segno che il rischio segue la densità produttiva più che la geografia.
Secondo Unimpresa, il legame tra crisi di liquidità e infiltrazione mafiosa si manifesta in modo uniforme, ma con maggiore intensità nei settori più capitalizzati.

Immobiliare nel mirino: boom di capitali opachi

Il comparto immobiliare registra un’incidenza del rischio superiore di 10 punti percentuali rispetto alla media nazionale.
La natura patrimoniale del settore e la facilità di mascherare operazioni speculative rendono il real estate il canale preferito per riciclare denaro e consolidare il controllo del territorio.
Anche le costruzioni e il commercio risultano vulnerabili, penalizzati dalla forte dipendenza dal credito bancario e da una bassa capitalizzazione.

Le imprese zombie: sopravvivono, ma non crescono

Le imprese infiltrate mostrano una sopravvivenza più lunga rispetto a quelle sane, ma senza segnali di ripresa economica.
Il loro equilibrio è sostenuto da capitali illeciti, che garantiscono liquidità artificiale a fronte di ricavi stagnantioccupazione ridotta e margini operativi in caduta.
Sono vere e proprie “zombie firms”, che alterano la concorrenza e drenano risorse dal sistema legale.

Longobardi (Unimpresa): “Servono garanzie più flessibili e vigilanza integrata”

«Nei momenti di contrazione del credito – avverte il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – la carenza di liquidità apre spazi che vengono colmati da soggetti criminali, pronti a fornire risorse rapide in cambio di influenza gestionale.
Occorre un sistema di garanzie pubbliche più flessibile, capace di sostenere le imprese temporaneamente in difficoltà senza spingerle verso canali illeciti.
Serve una vigilanza integrata, che incroci ratingassetti proprietari e segnalazioni antiriciclaggio, e una cultura del rischio che distingua la fragilità temporanea dall’insolvenza strutturale».

E conclude: «La legalità economica passa anche per la qualità del credito. Ogni punto di credito negato può diventare un punto di vulnerabilità per l’intero sistema produttivo».

Le proposte di Unimpresa

  • Creare canali di finanziamento alternativi per le imprese temporaneamente in difficoltà
  • Rafforzare la vigilanza basata su dati incrociati (rating, proprietà, antiriciclaggio)
  • Intervenire con misure mirate nei settori più esposti, come costruzioni e immobiliare
  • Promuovere una cultura del credito responsabile e della fiducia pubblica