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Coronavirus in Venezuela: la crisi sanitaria ed economica globale del Covid-19 dimostra la superiorità del socialismo rispetto al capitalismo

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Comunicato congiunto Convergenza Socialista e Partito Comunista Italiano

Nonostante le sanzioni da parte degli Stati Uniti, il Venezuela socialista si dimostra pilastro nel combattere il Covid-19. Molti venezuelani, infatti, stanno ritornando a casa dai Paesi latinoamericani vicini, ad iniziare dalla Colombia, la quale rimane impreparata ad affrontare una crisi sanitaria ed economica di tale portata. Il socialismo si dimostra, quindi, enormemente superiore negli standard di vita e nell’affrontare crisi globali rispetto al becero individualismo del capitalismo e ciò si dimostra in quello che sta succedendo in queste settimane in Venezuela rispetto, non solo alla Colombia, ma agli stessi Stati Uniti d’America, dove si muore a migliaia, quotidianamente.

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Mentre la Colombia continua a chiudere uffici e servizi, a livello nazionale, per controllare la diffusione del nuovo coronavirus, alcuni dei milioni di venezuelani che si sono recati all’estero, negli ultimi anni, hanno deciso che sarebbe meglio tornare nel loro paese d’origine.

Secondo le autorità colombiane, circa 600 venezuelani sono tornati nella loro nazione, durante lo scorso fine settimana, attraverso un corridoio umanitario.

Il presidente venezuelano, Nicolás Maduro, ha dichiarato che riceverà qualsiasi connazionale che ritorni via terra. Il confine colombiano è ufficialmente chiuso e le relazioni diplomatiche sono state interrotte, ma è stato creato un corridoio umanitario. Il presidente venezuelano ha inoltre dichiarato che almeno 1.500 persone sono tornate finora e che si aspettano un totale di 15.000 persone. Maduro ha detto che i venezuelani saranno rigorosamente sottoposti a screening, per verificare se vi sono i sintomi del nuovo coronavirus, e dovranno essere messi in quarantena per precauzione, almeno per 14 giorni.

Qui li riceveremo con amore“, ha concluso.

Tuttavia, alcuni venezuelani hanno pubblicato video, sui social media, in cui dicono che i soldati colombiani li hanno detenuti in un terminal degli autobus, nella città di confine di San Antonio. Una registrazione ha mostrato dei venezuelani stesi sul pavimento della stazione, con coperte. I migranti, comprese donne in gravidanza, i bambini e gli anziani, si sono lamentati del fatto che hanno poco o nessun accesso al cibo e all’acqua.

Secondo una dichiarazione della Colombia Migration, della scorsa domenica, quasi 600 venezuelani sono tornati nel loro paese attraverso il ponte internazionale Simón Bolívar, nella città di confine di Cúcuta. Più di 20 autobus con bambini, donne e uomini hanno raggiunto il confine con “stranieri” che hanno deciso volontariamente di partire per il Venezuela. Le famiglie venezuelane, rese indigenti in Colombia, stanno viaggiando per mille miglia o più, attraverso le Ande per tornare a casa. Sabato, il presidente Duque ha chiesto solidarietà tra le nazioni vicine. “La Colombia non può cadere nella xenofobia o nella stigmatizzazione dei migranti venezuelani“, ha detto su Facebook, esortando il paese a non voltare le spalle a coloro che sono vittime di una crisi politica e ora vittime della pandemia.

Nonostante le sfide causate dalla diffusione del virus, Duque ha promesso di continuare i programmi di assistenza esistenti, per aiutare i migranti. Ma la pandemia sta provocando il caos economico locale e nazionale nel paese, e anche i cittadini colombiani hanno bisogno di assistenza.

I giorni in cui il Venezuela ricevette milioni di migranti colombiani, a causa della guerra civile in Colombia che portò a milioni di sfollati, nel territorio venezuelano, oppure i peruviani che negli anni ’80 affrontarono l’inflazione brutale e lo stadio del terrore, sono stati dimenticati. La crisi generata, in Venezuela, dalle criminali sanzioni statunitensi, per indebolire la Rivoluzione Bolivariana, ha costretto milioni di venezuelani a emigrare in vari paesi. Ma le sanzioni non hanno ancora intaccato la serietà del sistema sanitario nazionale venezuelano e una sorta di Welfare State che resiste nonostante tutto e nonostante la crisi internazionale. Ma il coronavirus è arrivato e con esso sono emersi meravigliosi sentimenti di solidarietà, ma anche i sentimenti più nascosti di xenofobia, di rifiuto e disprezzo per gli stranieri. Un gran numero di video e testimonianze spiegano ciò che sta accadendo, principalmente in Perù e Colombia, dove molti venezuelani vengono gettati in strada per non essere in grado di pagare l’affitto per la loro casa. Le misure sanitarie richiedono che non possano andare al lavoro, molti non ricevono cure mediche e tantomeno misure sociali che questi paesi assegnano ai loro cittadini.

Se qualcosa ha sorpreso i venezuelani, e anche molti colombiani, sono state le espressioni xenofobe del sindaco di Bogotá, Claudia López, quando in un video diventato virale, ha sottolineato riferendosi ai venezuelani che sono nella capitale: “Abbiamo già pagato per il cibo, abbiamo già pagato per le nascite, abbiamo già pagato per l’agricoltura, abbiamo già pagato per la scuola, abbiamo già dato lavoro. Che peccato che l’unica cosa che non possiamo coprire sia il contratto di locazione. E per questo chiediamo un piccolo aiuto dal governo nazionale. Un pesos, anche uno, perché tutte queste cose sono pagate dalle tasse dei cittadini di Bogotá senza dire una parola. Lo paghiamo da tre anni a 450 mila persone dal Venezuela”.

Ciò ha chiarito il dubbio, per molti cittadini di Bogotá, che hanno presto cacciato i venezuelani che non potevano pagare. In Perù, dove la xenofobia è stata molto marcata, stavano già accadendo cose simili. È così che molti di questi venezuelani non hanno altra scelta che tornare nel paese che hanno lasciato, anche se oggi i problemi sono più critici di quando se ne sono andati: con problemi di carenza di gas domestico, elettricità e acqua potabile. “Stiamo assistendo al ritorno di molti connazionali. Li stiamo accogliendo a braccia aperte“, ha dichiarato il vicepresidente del Venezuela, Delcy Rodríguez.

Ha mostrato immagini “di ciò che sta accadendo nello stato di Táchira, ad esempio, dove i nostri compatrioti hanno già iniziato a tornare. Lì abbiamo già protocolli e dispositivi per il controllo sanitario, dove stiamo compilando cartelle cliniche, per i nostri connazionali, che stanno tornando in patria“, ha aggiunto.

Maddalena Celano, responsabile esteri di Convergenza Socialista

Oreste Della Posta, segretario regionale (Lazio) del P.C.I.

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