Caccia al generale al-Masri: la Corte Penale Internazionale mette pressione sulla Libia

Mandato d’arresto per crimini contro l’umanità: la Cpi accusa il generale libico di omicidi, torture e violenze sessuali. Passaggio sospetto dall’Italia

Un mandato d’arresto pesantissimo

La Corte Penale Internazionale (Cpi) ha lanciato un appello ufficiale alla Libia, sollecitando l’arresto e la consegna del generale al-Masri, accusato di omiciditorture e violenze sessuali nell’ambito di un’indagine per crimini contro l’umanità. Il mandato di arresto, già emesso dalla Cpi, non è ancora stato eseguito. Il generale, dopo essere fuggito, è rientrato in Libia passando, secondo quanto denunciato dal procuratore Karim Khan, anche per l’Italia.

Un passaggio inquietante per l’Italia

A far discutere è soprattutto il dettaglio del transito di al-Masri in territorio italiano. Il procuratore Khan, durante un intervento al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ha dichiarato: “Abbiamo emesso un mandato di arresto per lui ma è fuggito ed è tornato in Libia passando per l’Italia”. Questo passaggio apre interrogativi sulle falle nei sistemi di controllo alle frontiere e sulle collaborazioni tra stati per l’applicazione delle norme internazionali.

Il governo libico lo ha scaricato

Il governo provvisorio di unità nazionale della Libia ha preso le distanze da al-Masri, licenziandolo ufficialmente. Questa presa di posizione sembrerebbe facilitare le operazioni della Cpi, ma il vero nodo resta la concreta disponibilità delle autorità libiche a collaborare e a consegnare il generale alla giustizia internazionale.

Una prova di forza della giustizia internazionale?

Il caso al-Masri è un banco di prova per la credibilità della Corte Penale Internazionale e per la reale efficacia della cooperazione internazionale in materia di giustizia penale. In ballo c’è anche la reputazione dei paesi attraversati dal generale in fuga, come l’Italia, ora chiamati a fornire chiarimenti sul suo passaggio e sull’eventuale mancata segnalazione del mandato attivo.

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