Buyback sotto la lente: Italia tra Francia e Stati Uniti

Come cambiano le tasse sui riacquisti di azioni e quali scenari si aprono per le imprese italiane

Francia, USA e il resto del mondo: modelli a confronto

In Francia la nuova tassa dell’8% sui buyback è la più pesante in Europa, mirata alle grandi imprese che riducono il capitale sociale. Negli Stati Uniti, invece, dal 2023 vige un’imposta dell’1% sul valore di mercato dei riacquisti, con eccezioni per piani ai dipendenti e operazioni societarie. L’approccio è chiaro: non vietare i buyback, ma orientare gli utili verso investimenti e occupazione.

Altri Paesi hanno scelto vie diverse. Nei Paesi Bassi la proposta di una tassa del 15% è stata revocata per non danneggiare la competitività del mercato. In Spagna esiste una tassa dello 0,2% sulle transazioni finanziarie, ma i buyback sono esentati se destinati a riduzione di capitale o piani di incentivazione. In Irlanda si applica l’imposta di bollo dell’1%, mentre in Germania non esiste una disciplina specifica.

Il caso italiano: la Tobin tax e le eccezioni

In Italia i riacquisti di azioni proprie rientrano nella Tobin tax, con aliquote tra lo 0,1% e lo 0,2%. Sono però escluse le cancellazioni per riduzione di capitale, che rappresentano la parte più delicata dei buyback. Un sistema che, di fatto, penalizza alcune operazioni ma non altre, lasciando aperto il dibattito su una riforma.

Unimpresa: serve equilibrio, non slogan

Secondo il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, il tema va affrontato con prudenza:

«Non si tratta di demonizzare i buyback, ma di capire se sottraggono risorse agli investimenti e alla crescita. L’Italia deve evitare duplicazioni con la Tobin tax e non penalizzare le imprese già fragili. La priorità resta favorire il credito alle PMI e l’uso degli utili per lavoro e sviluppo, non solo per operazioni finanziarie».

Le possibili strade per l’Italia

Il Centro studi di Unimpresa individua tre opzioni principali:

  • seguire il modello USA, con un prelievo leggero e generalizzato;
  • adottare il modello francese, mirato alle sole riduzioni di capitale;
  • ampliare la Tobin tax con un prelievo aggiuntivo, rischio però di doppie imposizioni.

Le variabili sono molte: soglie minime, esclusioni per i piani ai dipendenti, regole di compensazione, distinzione tra società quotate e non quotate. Ogni scelta potrebbe incidere su gettito fiscale e attrattività dei mercati.

Domande e risposte

  1. Cos’è un buyback?
    È il riacquisto di azioni proprie da parte di una società quotata.
  2. Perché le aziende fanno buyback?
    Per aumentare il valore delle azioni, distribuire risorse agli azionisti o gestire piani ai dipendenti.
  3. Quanto tassa la Francia i buyback?
    Dall’inizio del 2025 applica un’imposta dell’8% alle grandi imprese.
  4. E negli Stati Uniti?
    Dal 2023 vige un prelievo dell’1% sul valore di mercato dei riacquisti.
  5. Cosa prevede la Tobin tax in Italia?
    Un’aliquota tra lo 0,1% e lo 0,2%, con esclusione dei buyback finalizzati a riduzione di capitale.
  6. Perché i Paesi Bassi hanno fatto marcia indietro?
    Per non danneggiare l’attrattività del mercato finanziario.
  7. La Spagna tassa i buyback?
    Solo indirettamente: esiste una tassa dello 0,2% sulle transazioni finanziarie, con esenzioni mirate.
  8. Cosa succede in Germania?
    Non esistono imposte specifiche: valgono le regole fiscali generali.
  9. Qual è il rischio per l’Italia?
    Duplice: penalizzare le imprese e ridurre la competitività dei mercati.
  10. Qual è la priorità secondo Unimpresa?
    Sostenere le PMI, favorire credito e investimenti, non appesantire le imprese.