
A cura di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR
Questa settimana sono tornate al centro dell’attenzione la Federal Reserve e la Banca Centrale Europea. I banchieri di Washington sono alle prese con un’inflazione resistente e un Pil che nel primo trimestre, nonostante il sostegno dei consumi, è rallentato più delle attese.
L’indice del costo dell’occupazione, che tiene conto dei salari e dei benefit pagati dai datori di lavoro, è aumentato dell’1,2% nel primo trimestre, più dell’aumento del trimestre precedente e sopra le attese. È un indicatore importante perché i salari sono una voce pesante nella misurazione dell’aumento dei prezzi, soprattutto nel settore dei servizi.
I prezzi dei prodotti destinati al consumo non alimentari ed energetici, rilevati dall’indice “Core PCE” (Personal Consumption Expenditure) seguito da vicino dagli economisti della Fed, sono aumentati del 4,6%, più delle previsioni e appena sotto il valore del mese scorso, 4,7%.
Dunque negli Stati Uniti il mercato del lavoro resiste all’aumento dei tassi e i prezzi “core” restano “appiccicosi”, diminuiscono con molta lentezza. A Francoforte le cose non sono più semplici, nel primo trimestre l’Eurozona è tornata a crescere ma il dato complessivo è opacizzato dal rallentamento tedesco.
En attendant gli esiti delle riunioni ormai imminenti, vediamo cosa accade alla Banca del Giappone che la settimana scorsa si è riunita per la prima volta sotto la guida del nuovo presidente, Kazuo Ueda, primo accademico a ricoprire questo ruolo.
Il neo-presidente sa che qualsiasi cambiamento nella politica avrà significative conseguenze sui mercati dei capitali, sul bilancio della banca e ha inoltre tenuto conto della possibilità che il Giappone vada alle elezioni anticipate dopo la riunione del G7 programmata a Hiroshima poco dopo la metà di maggio.
In Giappone l’inflazione è ancora alta, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari mette pressione sulla distribuzione organizzata e sulle attività a conduzione familiare che devono far fronte a costi crescenti ma sono prudenti nell’aumentare i listini nel timore di perdere i clienti.
L’indice dei prezzi al consumo “core” del Giappone, 3,1% a marzo, è da mesi sopra l’obiettivo della Banca del Giappone, nella sua prima conferenza stampa Ueda ha prospettato che i cambiamenti alla politica monetaria saranno presi nei prossimi mesi, per il momento è stata confermata continuità nella politica ultra-accomodante. Ovviamente anche per la Bank of Japan il movimento dei prezzi sarà centrale per stabilire le mosse successive e, come hanno fatto Fed e BCE, anche Tokyo ha abbandonato la forward guidance.
Ueda ha detto chiaro che il Board potrà prendere decisioni in qualsiasi riunione e qualsiasi riunione potrà essere quella del cambiamento. La rimozione della forward guidance renderà più facile abbandonare anche il controllo della curva dei rendimenti. Per il momento la Bank of Japan ha mantenuto i tassi di interesse overnight a -0,1% e ha confermato l’oscillazione controllata dei rendimenti dei titoli decennali nella banda di 0,5 punti percentuali attorno allo zero.
Ueda dovrà prestare attenzione al rischio di alterazioni e dislocazioni del mercato, dovrà essere chiaro sulle intenzioni e soprattutto sulla funzione di reazione, cioè come la banca intenderà rispondere alle fluttuazioni dell’inflazione e alle variazioni dell’economia. Dovrà muoversi con gradualità, prudenza e determinazione, la banda di oscillazione dei tassi andrà allargata prima di annunciare l’abbandono del controllo della curva.
I prezzi dei future sui JGB a dieci anni scontano che entro l’anno vengano decisi altri cinquanta punti di allargamento della banda di negoziazione, la volatilità implicita del decennale a dodici mesi è circa tre volte superiore a quella di un anno fa, la metà delle emissioni dei JGB in circolazione è nel bilancio della banca centrale, una condizione che ha assottigliato le negoziazioni del decennale e rende ancora più alti i rischi di dislocazione.
C’è un altro rischio, sulla recente crisi delle banche abbiamo visto come lo yen non abbia perso lo status di “safe haven” come qualcuno aveva pronosticato lo scorso novembre, il cambio di direzione della politica della Bank of Japan, magari in concomitanza con il rallentamento dell’economia globale, potrebbe rafforzare la divisa giapponese ponendo un freno alle esportazioni e alimentando disinflazione. È solo questione di tempo, anche la Bank of Japan dovrà allinearsi alle altre maggiori banche centrali e mettere la parola fine alla lunga fase di politica monetaria straordinaria.
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